A causa delle persecuzioni naziste, i bambini deportati nei campi di concentramento furono numerosissimi. Il destino che li attendeva, non era uguale per tutti quelli che giungevano nei lager; alcuni venivano soppressi attraverso le camere a gas, oppure morivano a causa dei vari esperimenti che svolgevano su di essi; altri, invece, erano sottoposti al duro compito di dedicarsi ai lavori forzati. Nonostante fossero in tenera età, la giornata di un bambino non era diversa da quella di un adulto. Al mattino venivano svegliati molto presto dalle sirene. Durante la giornata, i lavori a cui erano sottoposti erano durissimi e faticosi, pericolosi e molte volte dannosi o addirittura mortali. Spesso accadeva che i prigionieri raggiungevano lo sfinimento, sia fisico che mentale. Le giornate nel lager trascorrevano tutte uguali, tra fatica e punizioni, e le razioni di cibo erano sempre scarse o inesistenti. Uno dei campi di concentramento più famosi, in cui erano rinchiusi un gran numero di bambini e neonati, è conosciuto con il nome di Terezin, il più grande lager in territorio cecoslovacco, istituito dai nazisti in seguito all'occupazione di questo Stato. Rimasto in attività dal 24 novembre 1941 alla liberazione dell' 8 maggio 1945, vide passare al suo interno circa 140.000 prigionieri, di cui circa 15.000 bambini, compresi i neonati. I fanciulli deportati in questo campo erano soprattutto ebrei cechi e la maggior parte di loro morì nelle camere a gas. I bambini e le bambine che avevano meno di 12 anni vivevano nelle baracche con le donne, mentre quelli più grandi stavano con gli uomini. Le condizioni igieniche e abitative e la fame erano una fonte costante di sofferenza per tutti gli internati, e soprattutto per i fanciulli, a cui venne letteralmente rubata l'infanzia. Per questo motivo i prigionieri adulti riuscirono, per un certo periodo, a concentrare i giovani nelle case per i bambini, in modo da alleviare le condizioni di vita del campo. Questo permise di ridare ai piccoli prigionieri la dignità della loro condizione di fanciulli, in quanto in queste strutture vennero messe in atto diverse attività, come l'organizzazione di una vita giornaliera e addirittura l'insegnamento clandestino. In queste case operavano diversi educatori, che istruivano i piccoli prigionieri e permettevano loro di partecipare a eventi organizzati dai detenuti del campo. Una testimonianza di queste attività è data dalle numerose poesie rinvenute nel corso degli anni successivi alla chiusura del lager, scritte dai bambini che partecipavano a queste iniziative. Una parte del loro tempo veniva anche impiegato per il disegno, attraverso il quale i piccoli detenuti potevano dare spazio alla propria fantasia, illustrando e dipingendo la realtà che in quel momento avrebbero voluto vivere, come per esempio giocattoli, cibo a volontà, prati in cui correre e altri elementi che richiamavano una condizione di vita serena e felice. Alcuni dei bambini, però, erano stati talmente provati dall'esperienza del lager, che nei loro disegni raffiguravano la cruda realtà in cui vivevano, disegnando gli elementi tipici del ghetto di Terezin, come gli ospedali, i malati, i funerali o le esecuzioni. Un altro gruppo di bambini, invece, credeva ancora nella speranza di un ritorno a casa, e le loro raffigurazioni rappresentavano la visione di un domani migliore. Nonostante queste iniziative, svolte dagli adulti per alleviare la dura vita che i bambini dovevano affrontare ogni giorno nel campo, le condizioni rimanevano comunque pessime. Spesso, i bambini erano ridotti a uno stato di quasi totale smarrimento della propria identità, proprio come accadeva per le persone adulte. Infatti, le problematiche legate alla permanenza e allo sfruttamento nei campi di concentramento diedero ripercussioni sia a livello fisico che psicologico. Le conseguenze di questa dura esperienza, infatti, sono state il dramma per un gran numero di persone. Per esempio, ci sono diverse testimonianze di sopravvissuti all'Olocausto che, a distanza di diversi anni dalla vita nei lager, si sono ammalati di gravi malattie come il tumore al colon. È stato provato, da un'importante ricerca scientifica dell'Università di Haifa, riconosciuta a livello internazionale, che i sopravvissuti alla Shoah abbiano una percentuale di probabilità alta di ammalarsi di cancro. Gli studi hanno portato alla luce importanti dati, tra cui il fatto che tra coloro che hanno vissuto l'esperienza dell'internamento nei campi di concentramento, hanno il 10-15% di possibilità di contrarre questa malattia. Ma il dato più sconcertante riguarda i bambini; le ricerche hanno riportato, infatti, che per gli individui che hanno vissuto quest' esperienza nell'età infantile, il rischio di tumore è addirittura triplicato. Questa correlazione diretta tra causa ed effetto va ricercata nello stress prolungato e nei disturbi post-traumatici proprio legati alla vita condotta nei campi, e al lavoro forzato a cui erano sottoposti, oltre che alle gravi mancanze di cibo.