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La Cultura Ebraica

Gli ebrei non sono una nazione, nè sono solo e soltanto une fede religiosa, nè tanto meno una razza, come hanno voluto far credere i loro persecutori. Sono un popolo con un destino particolare, che ha vissuto una buona parte della sua storia disperso tra altre genti, tra culture e lingue diverse, continuando però a custodire la propria identità culturale, non solo religiosa ma etica, umana, storica e ideologica. Negli oltre duemila anni di vita nei Paesi più disparati gli ebrei hanno mantenuto i loro usi e costumi, la lingua (quella ebraica), la cucina, le preghiere e lo studio della Torà. Oggi, secondo la legge ebraica, è ebreo chiunque sia nato da madre ebrea o si sia convertito all'ebraismo. La definizione non è però così semplice, perchè l'ebraismo non è solo una religione ma soprattutto una pratica di vita, e l'ebreo non è un fedele isolato ma è una parte di un unico popolo.

Cosa studiano gli ebrei

La Torà, che significa "insegnamento", è il punto di partenza dell'ebraismo. Essa comprende storia, dottrina, pratica, religione e morale. Perciò, insieme ai Dieci Comandamenti, costituisce la base dottrinaria dell'ebraismo. La Torà comprende cinque libri (e per questo è anche chiamata Pentateuco) che sono Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio. Questi hanno avuto nel corso dei secoli studi e commenti particolari da parte di diverse scuole rabbiniche. Queste, in epoche successive, hanno prodotto la Mishnà, raccolta scritta della tradizione orale, e il Talmud, commenti e discussioni dei Maestri alla Mishnà. Vi sono due distinte versioni del Talmud, una palestinese e una babilonese. Esistono inoltre commenti a testi e a opere giuridicheindividuali prodotte da grandi Maestri del pensiero ebraico. La religione ebraica non ammette dogmi: tutto deve essere esaminato e tutti i Maestri hanno la facoltà di dire la propria opinione. Per questo studi e commenti sull'ebraismo sono in continua evoluzione; i Maestri cercano infatti di offrire risposte a ogni nuova questione proposta dai cambiamenti della società. La Torà prevede una serie di obblighi e di divieti che hanno preso forma definitiva nella Halachà, che vuol dire "legge", e costituisce un vero e proprio codice rituale dell'ebraismo. Obblighi e divieti costituiscono "siepi" invalicabili a difesa dei Dieci Comandamenti. Si tratta infatti di precetto (sono 613) che forniscono tutte le norme quotidiana.

Dove si riuniscono gli ebrei

La sinagoga, un tempo chiamata scola, ha mantenuto sia l'antica destinazione di culto, ma anche di luogo di studio e di riunione. All'origine la scola era una stanza della stessa casa di abitazione del rabbino, preferibilmente all'ultimo piano, in modo da avere sopra il cielo. L'esterno era anonimo per motivi di sicurezza e nessuno poteva capire che all'interno c'era una sinagoga. Solo dopo il 1848, quando gli ebrei divennere cittadini uguali a tutti gli altri, le sinagoghe sono divenute edifici e sè stanti, ben riconoscibili e spesso monumentali. Con la conquistata uguaglianza di diritti gli ebrei fecero infatti costruire dagli architetti più importanti dell'epoca templi maestosi e ben visibili nel panorama cittadino. L'esempio più importante è quello della Mole Antonelliana a Torino, che era stata progettata per diventare la sinagoga degli ebrei torinesi. Nel 1875, però, per motivi economici, l'edificio fu ceduto alla municipalità. L'interno delle sinagoghe è austero: non trovano posto statue o rappresentazioni pittoriche, tutti gli ornamenti delle pareti sono costituiti da motivi floreali e geometrici o da scritte in ebraico. L'unica ricchezza sta negli arredi in argento e nelle stoffe preziose che ornano i Rotoli della Legge, conservati nell'Arca Santa. I Rotoli della Legge sono l'unico oggetto sacro della sinagoga e vengono letti progressivamente ogni settimana. Li legge insieme ai fedeli il rabbino, che è considerato guida spirituale e Maestro. Nella sinagoga le donne sono divise dagli uomini e seguono le preghiere dal matroneo, una parte separata della sala.

Le feste ebraiche

Shabbath, sabato in ebraico, deriva da shavath, che vuol dire cessare. Questa giornata indica la pausa completa dalle occupazioni abituali. Tutti devono osservarlo, perfino gli animali devono riposare. Il sabato è la più importante delle ricorrenze ebraiche ed è il giorno in cui l'ebreo cessa ogni attività e consacra la giornata al Signore. Inizia al tramonto e termina all'apparire delle prime stelle, dura così dal pomeriggio del venerdì al sabato sera. La consacrazione del sabato è antica quanto il mondo: risale all'istante in cui il Signore cessò l'opera della creazione. Prima dell'inizio i cibi devono essere acquistati, preparati e cotti e vengono accesi i lumi, che è affidata alle donne di casa, segna la fine della settimana di lavoro e l'inizio del riposo: simbolicamente rappresenta la pace e la santità della famiglia.

Rosh Ha Shanà, Capodanno, cade tra settembre e ottobre - il calendario ebraico cambia ogni anno perchè è lunare e solare - e celebra il giorno della creazione. E' una festa solenne che si celebra anche con un pasto durante il quale si consumano cibi simbolici: per esempio si intingono le mele nel miele quale augurio di un anno dolce e felice. In sinagoga durante la cerimonia si suona il corno di montone, lo shofar, per richiamare il popolo alla riflessione. A partire da capodanno iniziano infatti i Dieci giorni penitenziali, che terminano con Yom Kippur, il giorno dell'espiazione.

Yom Kippur, giorno di digiuno completo, è considerato da tutti gli ebrei, anche da quelli più lontani alla liturgia, il giorno piu sacro dell'anno, in cui ognuno si trova da solo di fronte al Signore a rispondere delle proprie azioni e chiedere perdono.

Pesach, Shavouth e Sukkoth sono le tre ricorrenze liete di pellegrinaggio: in antichità gli ebrei in queste tre occasioni si recavano al Tempio di Gerusalemme.

Pesach, Pasqua o festa delle azzime, cade tra marzo e aprile. Storicamente commemora l'uscita degli ebrei dall'Egitto e la fine della schiavitù. In agricoltura segna la prima mietitura e il periodo del parto primaverile del bestiame. Dura sette giorni, otto nella diaspora (i Paesi in cui vivono gli ebrei fuori da Israele), durante i quali non bisogna consumare o avere in casa cibi lievitati. Si mangia infatti solo pane azzimo non lievitato. Le prime due sere sono di festa solenne. Si usa fare una cena: il seder, ordine. Tutta la famiglia riunita ricorda la cena consumata in fretta e furia prima della fuga dall'Egitto. A tavola si legge il libro dell'Haggadà di Pesach.

Shavouth, la Pentecoste o festa delle settimane, cade tra maggio e giugno. Ricorda la rivelazione divina sul monte Sinai dove il Signore dettò i Dieci Comandamenti. In agricoltura segna il primo raccolto dei frutti e dei vegetali.

Sukkoth, o festa delle capanne cade tra settembre e ottobre. Storicamente commemora le peregrinazioni degli ebrei nel desrto prima dell'ingresso nella Terra Promessa. In agricoltura segna l'ultimo raccolto prima delle piogge invernali. Si usa mangiare e trascorrere parte della giornata in una capanna di frasche, arricchita da tutti i frutti della terra.

Chanukkà, o festa delle luci, si celebra tra novembre e dicembre. Ricorda la vittoria dei Maccabei sull'esercito greco-siriano di Antioco Epifale (165 a.C.) e la riconsacrazione del Tempio, che era stato trasformato in luogo di culto pagano. Secondo la tradizione quando i Maccabei entrarono nel Tempio, trovarono olio puro sufficiente per un solo giorno per la lampada eterna. L'olio invece durò otto giorni. Per ricordare questo evento miracoloso si usa accendere per otto giorni la chanukià, lampada a nove braci di cui si accende un lume in più ogni sera per tutta la durata della festa.

Tu bi-Shevath, capodanno degli alberi, si celebra tra gennaio e febbraio e segna la fine dell'inverno e il risveglio della natura. La famiglia riunita celebra la festa con un pranzo a base di frutti come il melograno, il dattero il fico e l'uva.

Purim, festa delle sorti, cade tra febbraio e marzo. Ricorda la persecuzione antiebraica in Persia durante il regno di Assuero: Amman, nella sua qualità di primo consigliere del re, aveva progettato l'annientamento degli ebrei, ma il suo piano fu sventato grazie a Ester, moglie ebrea del re Assuero. I festeggiamenti sono simili al carnevale e i bambini usano mascherarsi.

La cucina

Il piacere della tavola ben preparata e imbandita, intorno alla quale si ritrovavano tutti i membri della famiglia ogni sabato o in occasione delle principali festività, è una tradizione ebraica rimasta intatta nel tempo. La scelta dei diversi cibi e la loro preparazione devono però rispondere ad alcune regole molto ferree per essere kasher, cioè valide, adatte.La Torà indica esattamente quali sono gli animali che si possono mangiare, come devono essere uccisi e come bisogna cucinarli. Tra gli animali sono vietati, per esempio, i maiali e tra i pesci i molluschi e i crostacei. In cucina la carne deve sempre rimanere separata dai cibi contenenti latte. La netta divisione tra carne e latte infatti è alla base della cucina ebraica: non solo non si possono mischiare durante la cottura, ma neanche a tavola: il pasto deve essere o di carne o di latte.

Gli ebrei italiani

La comunità ebraica italiana, la più antica della diaspora, è sempre stata esigua ma continuamente e ininterrottamente presente nella nostra Penisola da oltre 2200 anni. A Roma, nel 70 d.C. Gli ebrei erano 40 mila circa su un totale di 800 mila persone. Tra la fine del 1200 e l'inizio del 1330 in tutta la Penisola gli ebrei sono circa 50 mila su un totale di 11 milioni di abitanti. All'antichissimo gruppo italiano nel corso dei secoli si aggiunsero ebrei provenienti dalla Spagna , in seguito all'espulsione del 1492 a opera di Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia. Questi sono gli ebrei di origine sefardita: Sefarad significa infatti Spagna. Quelli successivamente giunti in piccoli gruppi dall'Est Europa invece sono detti ashkenaziti: ashkenazi vuol dire infatti tedesco. Nella penisola italiana hanno convissuto (e convivono ancora oggi) gruppi con riti e tradizioni diverse: italiano, sefardita e ashkenazita. Dopo la Seconda guerra mondiale, a partire dagli anni Cinquanta del Novecento, sono arrivati in Italia altri ebrei di origine persiana, libanese, egiziana e libica. Dopo la cacciata dalla Spagna (1492) gli ebrei vennero espulsi anche da tutto il sud d'Italia e dalla Sicilia, possedimenti italiani della corona spagnola. I 120 mila ebrei che vi risiedevano a quell'epoca si fermarono per lo più a Roma, ma molti proseguirono verso le comunità ebraiche del centro-nord, aggiungendosi a quelli già arrivati dalla Spagna.
Nel XVI secolo iniziò l'epoca dei ghetti: quartieri chiusi da cancelli in cui gli ebrei furono costretti a vivere. Fu a Venezia nel 1516 che venne usata, per la prima volta, la parola "ghetto" per indicare una zona di residenza obbligatoria. Dopo il ghetto di Venezia, si aggiunsero in periodi diversi i ghetti istituiti nei territori della Chiesa in seguito alla bolla Cum nimis absurdum di Paolo Caraffa nel 1555. Chiusi nei ghetti e abilitati al solo esercizio del prestito del denaro e della rivendita di vestiti usati, gli ebrei vissero tre secoli in grande difficoltà. Continuarono, però, a mantenere le proprie usanze e a studiare: tra gli ebrei non c'era neppure a quell'epoca analfabetismo. Nel XIX secolo gli ebrei ottennero per la prima volta l'eguaglianza dei diritti con gli altri cittadini: nel 1848 il re Carlo Alberto di Savoia concesse agli ebrei i diritti civili e politici ed essi divennero uguali a tutti gli altri cittadini. Al momento dell'Unità vivevano in Italia 39 mila ebrei. Nel 1922 il partito fascista salì al potere. Gli ebrei non ebbero inizialmente alcun sospetto che il regime di Mussolini potesse perseguitarli. Nel 1929 l'Italia firmò con la Santa Sede la legge del Concordato: il cattolicesimo diventava religione di Stato. A cavalla fra l'estate e l'autunno del 1938 si verificò il cambiamento antiebraico: il fascismo prolungò le leggi antiebraiche, che escludevano gli ebrei dall'esercizio delle professioni, dalla scuola e dalle università, limitavano il diritto di proprietà. Poi venne la Seconda guerra mondiale, le deportazioni e lo sterminio a opera dei nazifascisti: oltre 7000 uomini, donne, bambini ebrei italiani furono barbaramente uccisi nei campi di sterminio. Al termine della Seconda guerra mondiale, nel 1945, gli ebrei italiani erano 21 mila. Oggi gli ebrei in Italia sono circa 36 mila. In Italia esistono 21 Comunit6agrave;: Ancona, Bologna, Casale Monferrato, Ferrara, Firenze, Genova, Livorno, Mantova, Merano,Milano, Modena, Napoli, Padova, Parma, Pisa, Roma, Torino, Trieste, Venezia, Vercelli, Verona. Piccoli nuclei ebraici vivono in località minori e gruppi ebraici si vanno ristabilendo anche in Sicilia. Nel febbraio 1987 è stata firmata una Legge d'Intesa (art.8 della Costituzione) tra lo stato italiano e l'Unione delle Comunità Ebraiche italiane, l'organismo che rappresenta la minoranza ebraica in Italia. Questa legge garantisce libertà e parità agli ebrei e alle loro organizzazioni rispetto agli altri cittadini e riconosce, nel modo più ampio, il diritto di professare la religione ebraica e tutela le Comunità da ogni manifestazione di intolleranza.