ALIMENTAZIONE
I detenuti ricevevano tre pasti al giorno (mattino,pomeriggio e sera), il cui valore nutritivo dipendeva da molti fattori, in particolare dalla relativa normativa vigente nei lager nazisti, modificata varie volte. In base a queste norme veniva stabilito il vitto giornaliero e settimanale, con specificati ingredienti e prodotti necessari alla preparazione dei pasti e il loro valore calorico. I depositi dei generi alimentari e le cucine dipendevano dal personale delle SS le quali, come risulta dalle relazioni e dalle testimonianze degli ex prigionieri, prelevavano dai magazzini i prodotti e gli alimenti migliori (carne, margarina, zucchero, farina, salsicce). La preparazione dei pasti avveniva con una quantità di prodotti minore di quella prevista. Un altro problema era la distribuzione dei pasti e degli alimenti; la normativa del lager prevedeva che se ne occupassero gli "incaricati", delinquenti comuni tedeschi senza scrupoli che portavano via dalle cucine i pentoloni con la zuppa, il "caffè" il "tè", ed altri alimenti, per poi distribuirli tra i prigionieri, non prima di aver prelevato per sè una buona parte. Delle regolamentari 1700-2150 calorie, i detenuti ricevevano pasti che oscillavano tra le 1300-1700 calorie. Dalle relazioni di ex prigionieri e dalle liste del rancio conservate, apprendiamo che a pranzo era prevista quattro volte a settimana una zuppa "di carne" e "di verdura", dove per verdura si intendeva patate e rape, con l'aggiunta di orzo perlato, semola di miglio, farina di segale, e "awo", cioè estratti alimentari. Dopo il 1942 per cucinare le zuppe vennero impiegati i prodotti che si trovavano nei bagagli degli ebrei gassati. La zuppa di circa tre quarti di litro aveva un valore calorico di 350-400 calorie; poco appetitosa e acquosa, era consumata con ripugnanza dai nuovi arrivati, non ancora stremati dalla fame. A cena si distribuivano ai prigionieri circa 200 grammi di pane con l'aggiunta di circa 25 grammi di salsiccia o di margarina o ancora un cucchiaio di marmellata o formaggio, spesso ammuffiti e stantii, per un valore complessivo di 900-1000 calorie. La porzione di pane era doppia, comprendendo anche quella del mattino, ma erano ben pochi coloro che, vincendo i morsi della fame, riuscivano a conservarne la metà per l'indomani. Le norme vigenti per i detenuti impiegati in lavori più pesanti prevedevano porzioni maggiori, che comunque venivano regolarmente diminuite durante la distribuzione. Con queste razioni da fame, dopo alcune settimane la maggioranza degli internati cominciava ad accusare sintomi di debilitazione, fino a ridursi a scheletri, buoni, ormai, solo per la selezione. Migliaia di prigionieri macilenti e scheletrici tentavano disperatamente alla minima occasione di conquistare qualcosa da mangiare, rovistando persino nei rifiuti delle cucine.