LA TREGUA
La tregua è un romanzo scritto da Primo Levi tra il 1961 e il 1962, che raccoglie la testimonianza dell'esperienza dell'autore ebreo nel viaggio di ritorno in Italia, dopo la permanenza nel campo di concentramento di Auschwitz. È composto da 17 capitoli di media lunghezza.
I Russi erano arrivati e la liberazione era ormai vicina. I primi a scorgerli furono Primo Levi e Charles, mentre trasportavano il corpo di Somogy alla fossa comune.

Il giorno dopo giunsero al campo numerosi polacchi, che si misero a pulire e a riordinare le baracche. Primo sfortunatamente si ammala di scarlattina e viene ricoverato in un'infermeria provvisoria, allestita nel campo di Auschwitz.Venne dimesso dall'infermeria ma venne subito fermato da un ex Kapò che cercava uomini per spalare la neve. Primo fuggì e si rifugiò in un Block dove trascorse la notte e il mattino seguente si accorse di essere capitato in un trasporto russo, verso un nuovo campo di sosta. Si ritrovò in viaggio verso Cracovia assieme ad un greco di nome Mordo Nahun. A Cracovia, i due amici trovarono rifugio presso una caserma Italiana, dove regnava l'abbondanza. Il giorno dopo andarono a lavorare al mercato, dove riuscirono a guadagnare qualche soldo vendendo camice.
Nel campo di Bogucice, Primo riuscì a farsi assumere nell'infermeria: doveva registrare i nomi di coloro che si facevano visitare; ma, dato che non capiva il polacco, gli venne affidata un interprete di nome Galina. Essendo stato assunto in infermeria aveva ottenuto il lasciapassare, per uscire dal campo e con l'avvento della buona stagione sentiva il bisogno di andare in città. Primo aveva conosciuto Cesare durante la permanenza ad Auschwitz e fra loro era nata una profonda amicizia. Uscirono dal campo e si diressero in città. Cesare decise di darsi al commercio e si mise in società con un certo Giacomantonio, il quale gli procurava la merce da vendere al mercato.
Un giorno venne dato l'annuncio che gli Italiani sarebbero stati rimpatriati verso Odessa: nel campo ci fu un'esplosione di gioia. Tutti erano impegnati a raccogliere i loro indumenti e in poche ore il campo si svuotò. Il giorno dopo, tutti gli Italiani presero il treno che li avrebbe portati ad Odessa.
Esso proseguì verso Zmerinka, nodo ferroviario a 350 chilometri da Odessa, ma gli Italiani appresero una triste notizia cioè che il treno non proseguiva più. Agli Italiani provenienti da Katowice se ne aggiunsero anche altri seicento, provenienti dalla Romania. Si dovettero spostare a piedi, per poter raggiungere un villaggio chiamato Staryje Doroghi a 70 chilometri di distanza. Primo e Cesare andarono in un villaggio vicino, per barattare i loro piatti con un pollo. I due amici riuscirono nell'impresa e mangiarono il pollo insieme agli altri. Il giorno dopo sarebbero dovuti arrivare a Staryje Doroghi a piedi ma riuscirono a farsi trasportare con il carro da un contadino del villaggio. Soggiornavano in un edificio chiamato "Casa Rossa"; un tempo forse adibito ad uffici militari. Il grande complesso di questa comprendeva anche una scuola, un teatro, un'infermeria e una palestra. Primo riprese a lavorare in un infermeria e Cesare aveva trovato il modo, per vendere il pesce che veniva fornito dai Russi facendolo rendere di più, in quanto vi iniettava dell'acqua con una siringa. Vicino alla Casa Rossa, vi si erano trasferiti numerosi Italiani tra cui Cantarella, un marinaio calabrese che fabbricava pentole. Grazie ad alcuni giorni di pioggia, Levi potè procurare molto più cibo, in quanto nel bosco vi erano cresciuti numerosi funghi. Mentre Primo stava lavando alcune pentole in un torrente vide un giovane soldato russo, che gli insegnò la sua lingua, permettendogli di avere maggiori contatti con gli abitanti del villaggio. Un giorno giunse una macchina alla Casa Rossa. Dall'automobile scese un uomo in divisa da ufficiale: era il maresciallo Timosenko; il quale portò un annuncio molto gradito agli Italiani: "Guerra finita, tutti a casa". Pochi giorni dopo un treno di sessanta vagoni merci era pronto, per trasportare gli Italiani nella loro patria. La direzione del treno era incerta: all'inizio si diresse verso nord, ma, successivamente, il treno si diresse verso sud, ripercorrendo nuovamente il percorso fatto durante il viaggio da Zmerinka a Sluck. Durante la sosta in un piccolo villaggio, Cesare, riuscì a vendere un anello di ottone spacciandolo per oro ma fortunatamente, riuscì a sfuggire al contadino che si era accorto della truffa. Il treno continuò la sua corsa, fino ad arrivare ad Iasi, in Romania. Il convoglio giunse a Vienna e proseguì verso St. Valentin, dove gli Italiani passarono sotto la scorta degli Americani. Proseguirono verso l'Italia passando per la Germania, fino a giungere al campo di Pescantina, presso Verona, dal quale ognuno proseguì per la sua strada. Primo prese un treno diretto a Torino e riuscì a ritrovare la sua casa e i suoi familiari, pur restando profondamente segnato dalla sofferenza del lager.